Scrive Alessandro De Nicola sul Sole24Ore: "Specie per chi si "sente" di sinistra, il senso di appartenenza è una componente fondamentale della propria identità".
Questa frase mi ha fatto pensare molto. Mi sono chiesto quale importanza attribuissi all' appartenenza .
Quando, molto giovane, aderii ad un partito politico - era il PRI di Ugo La Malfa - non trascurai affatto l'importanza di quella scelta militante. Sapevo che rispetto al mondo esterno essa mi avrebbe qualificato in qualche modo. La maggior parte dei miei coetanei negli anni 70 aderiva al Partito comunista o a quello fascista riverniciato, il MSI di Almirante. Quei coetanei erano come Veltroni, come Fini. I comunisti mi avrebbero giudicato un servo dei padroni; i fascisti avrebbero detto che non avevo amor di patria ed ero uno smidollato incapace di far fronte violentemente al pericolo sovietico.
Io giudicavo loro troppo innammorati di uno Stato totalitario e poco interessati alle libertà individuali del cittadino. Li giudicavo perniciosi per l'Italia e pensavo che dovessero stare fuori dai centri di decisione e di direzione politica.
Ma non pensai assolutamente che quella scelta di partecipazione politica potesse, in qualche modo, definire la mia identità. Ero un individuo, non il membro di un gruppo.
Se la mia formazione culturale e la mia educazione fosse stata ispirata al cattolicesimo avrei preso la tessera della DC probabilmente. Da laico avrei potuto iscivermi al PSI, oppure al PLI, oppure al PSDI. Sarei rimasto lo stesso di prima da liberale o da socialista.
Sarei rimasto l'individuo libero che fa una libera scelta. Non uno che si intruppa, che aderisce ad una fede, che porta il cervello all'ammasso, che non capisce ma si adegua.
Oggi il PRI esiste solo formalmente, non ho con quel partito nessun residuo rapporto, ma la mia individualità è rimasta la stessa. Sono solo invecchiato.
Ma non sono orfano del fascismo, né mi è caduto il muro di Berlino addosso. Questo perchè non ho mai edificato un muro nella testa, così l'ho fatta funzionare meglio.
12 commenti:
Mai aderito a partiti e/o sindacati, ho sempre odiato intrupparmi e questo vale anche per le squadre di calcio, ma fino a Mani Pulite il mio voto a Spadolini e La Malfa l'ho dato con convinzione.
Poi ho scoperto che anche lì c'era chi rubava e ho perso le ultime speranze.
Capisco perfettamente quello che senti e scrivi
caro MARCELLO, non mi sono mai illuso che il PRI fosse "il partito degli onesti", però non ho visto gente arricchirsi smodatamente, né porcate simili a quelle dei democristiani o dei socialisti.
Penso che la corruzione sia un prezzo che le democrazie devono mettere in conto e che la "specchiata moralità" appartenga agli angeli, manco ai santi: certo non agli uomini.
Concordo sul fatto che la specchiata moralità non sia qualità terrena, ma mi sono fatto suggestionare da Montanelli, che stimavo molto.
La cruda realtà è che l'arricchimento era legato ai numeri ed al potere gestito che da essi derivava. I numeri del PRI erano piccoli e l'arricchimento è stato proporzionale perché di più non sarebbe stato possibile. Avrebbero potuto evitarlo ma non l'hanno fatto, visto che lo facevano tutti...
penso però che sia stato più un malcostume legato al finanziamento del partito che a ruberie personali. Non voglio dire che queste siano mancate ma che siano state al di sotto della media se il paragone lo facciamo con DC, PSI, PSDI e PLI (dalla gestione Altissimo-De Lorenzo). In media se lo facciamo col PLI di Malagoli e Zanone o col PCI di Berlinguer.
questa tua riflessione mi è piaciuta molto. La capacità di sentirsi individui, innanzitutto, e di conservare integra la propria identità, è ciò che in fondo distingue un uomo libero da un cretino (come diresti tu).
mi sforzo di non dirlo spesso e tu, caro ALTER, mi ci riporti.
;)
Se mi è permessa una critica, il senso di appartenenza non collide con l'individualità ma, anzi, la definisce.
Forse, l'equivoco nasce dal fatto di associarlo all'adesione politico-partitica: in realtà, quando si parla di senso di appartenenza, ci si dovrebbe riferisce ad una visione del mondo, non all'adesione ad un soggetto politico. In quel caso, invece, l'adesione definisce proprio l'appartenenza ad un gruppo e, negarla come fai tu, mi sembra una grossa contraddizione.
Sei un sofisticato provocatore: è sempre piacevole polemizzare con te.
Ciao, teddy
caro TEDDY mi chiedevo proprio dove fossi finito.
Mi mancavi. ciao ... e a presto.
PS: ovviamente non sono d'accordo ;)
Io quando leggo questi articoli di certi giornalisti mi domando sempre: ma hanno mai letto un libro di storia?
Essere di sinistra creerebbe un'identita' piu forte che essere di destra? E' infatti notorio che iscriversi all´MSI negli anni 50-70 era una scelta non identitaria, come del resto essere iscritti alla Dc magari in regioni come la Toscana o l'Umbria.
Ma forse la insipienza storica dei giornalisti ( di molti) dipende dal fatto che debbano giustificare in qualche modo la cronaca. Il partito di centro destra e´un finto partito che raccoglie voti solo grazie a un leader carismatico e allora vuol dire che essere di destra non incide poi dimolto sull´identita' dell´individuo.
benvenuto Simone, giusta osservazione.
Anche se io penso che l'identità individuale prescinda dalle scelte politiche. Almeno da quelle ispirate al pragmatismo invece che all'ideologia.
Grazie.
Il problema e´cosa vuol dire identita' e soprattuto nel considerare delle appartenze come generatrici di identita' totalizzanti.
Io sono di sinistra/destra non vuol dire che tutta l´identita' sia cosi definita e che quell´aspetto della mia identita' determini il mio agire in ogni situazione. Il vizio di considerare gli essere umani come un tutto organico e finito e' completamente forviante.
la carta d'identità mi identifica quanto a sesso, età, nazionalità, professione.
Come giustamente dici t, caro Simone, è difficile pretendere caratterizzazioni simili dalla preferenza politica.
L'essere umano è essenzialmente vario, direbbe il vecchio Montaigne. Siamo d'accordo.
Posta un commento